La testimonianza di Fra Bahjat Karakach, Delegato del Custode per la Terra Santa in Siria, sulla situazione dei villaggi cristiani nel Nord Est della Siria, oggi nell’occhio del ciclone a causa delle violenze avvenute nel territorio limitrofo di Latakia, abitato da una maggioranza alawita, ex sostenitori del vecchio regime degli Assad.
L’Associazione missionaria ALOE è in contatto con la Siria a partire dai suoi inizi e precisamente dal 1999, quando l’allora vescovo di Fermo, Mons. Gennaro Franceschetti, che aveva partecipato anche alla stesura del nostro statuto, ci chiese di occuparci di un piccolo progetto presentatogli da un suo amico vescovo della chiesa cattolica di rito latino di Aleppo in Siria, Mons. Armando Bortolaso. Il progetto riguardava un piccolo caseificio realizzato in un villaggio cristiano dalle parte di Latakia, il villaggio di Knaye. Il piccolo caseificio di Knaye è stato il nostro secondo progetto in assoluto, dopo quello della falegnameria di Ossoessan in Camerun per cui era nata l’associazione stessa. Nell’estate e nell’autunno dell’anno 2000 inviammo a Knaye, una volontaria con il compito di aiutare i locali ad avviare la produzione di formaggi e soprattutto di yogurt. Poi per alcuni anni siamo rimasti in contatto con alcuni cristiani di Knaye, come si può leggere nel primo volume della nostra raccolta delle Lettere di collegamento “La ricchezza nascosta. Dal territorio di Fermo ai territori del mondo … e ritorno!”.
La volontaria era tornata da quella esperienza riportandoci la conoscenza del Monastero di Deir Mar Musa, fondato da Padre Paolo dall’Oglio, con cui poi abbiamo continuato i nostri rapporti con la Siria senza mai più interromperli, soprattutto grazie all’amicizia con padre Jihad Youssef, attualmente abate del Monastero.
Segnaliamo un articolo pubblicato il 18 Marzo 2025 sulla rivista RESET, contenente una intervista fatta al nostro amico Padre JIHAD YOUSSEF sulla situazione in Siria: “Contro le violenze in Siria, preghiera e digiuno insieme”
La testimonianza di Fra Bahjat Karakach
circa la situazione in Siria durante le recenti violenze.
Recentemente ci siamo messi in contatto con fra Bahjat Karakach, Delegato del Custode per la Terra Santa in Siria per chiedere informazioni sui villaggi cristiani della zona di Latakia, in particolare il villaggio cristiano di Knaye, nella nuova situazione siriana e in relazione alle ultime violenze che hanno interessato la regione di cui abbiamo sentito parlare di recente.
Questa è stata la sua risposta.
Gentilissimi amici di Aloe,
grazie mille per questo pensiero. I nostri villaggi dove i frati sono presenti erano lontani da queste azioni di violenza. Abbiamo però due frati a Latakia, dove hanno vissuto momenti di orrore… ma ringraziando Dio stanno bene.
Vi mando l’aggiornamento che ho scritto in quei giorni ai nostri amici, in data 07 Marzo 2025
Carissimi amici,
mi faccio vivo a distanza di quasi un mese per farvi partecipi di quello che stiamo vivendo in questo momento in Siria. Infatti, da ieri la situazione è peggiorata gravemente, e oggi nel Paese si respira un clima molto pesante.
Negli ultimi giorni, la tensione è aumentata in diverse zone, sia al sud nella città di Suwaida, sia a Jaramana, una periferia di Damasco, entrambe a maggioranza drusa; ma anche nelle città costiere a maggioranza alawita, soprattutto a Jable. Diversi atti di violenza sono stati registrati, fino a quando è arrivato il giorno di ieri (giovedì 6 marzo), in cui è scoppiata una “resistenza” armata contro le forze ufficiali, rifiutate da una larga fetta della popolazione, per presunte azioni di violenza e vendetta nei confronti dei civili delle minoranze. Per contro, si parla di una vera e propria azione militare organizzata dai sostenitori del vecchio regime, sostenuta da forze regionali che avrebbero l’interesse di creare e mantenere uno stato di caos in Siria: da una parte Israele, che avanza nei territori siriani e se ne impadronisce, cercando di presentarsi come difensore dei drusi contro le forze governative, considerate “milizie terroristiche”; dall’altra parte l’Iran, che pare non voglia accettare la perdita del potere che aveva in Siria al tempo di Assad; senza dimenticare il ruolo della Russia, che resta ambiguo.
Un’altra volta i siriani si trovano sull’orlo di una guerra civile, perciò siamo davvero preoccupati. Alcune voci accusano la comunità internazionale di non assumersi pienamente le proprie responsabilità nei confronti del Medio Oriente in generale e della Siria in particolare, che resta una terra in cui si scontrano le grandi potenze, ognuna delle quali cerca di garantirsi una fetta di questa torta; altre voci accusano il nuovo governo di Al-Sharaa che, al di là delle belle promesse, non ha compiuto finora azioni serie per garantire processi pubblici ed equi nei confronti dei criminali di guerra, un fatto che ha lasciato mano libera a chi vuole farsi giustizia da sé e ha permesso a coloro che si vogliono organizzare per “liberare di nuovo” la Siria di agire indisturbati!
Un’altra colpa del nuovo presidente sarebbe quella di mantenere lo status quo del suo governo, formato subito dopo la caduta del vecchio regime, e che resta in carica oltre il tempo fissato di tre mesi, un governo che raccoglie persone poco esperte in politica, tutte appartenenti all’ex HTS, portatrici di un pensiero politico di stampo fortemente religioso.
Nonostante le innumerevoli voci, sia all’estero sia all’interno, che hanno affermato come per mantenere una stabilità in Siria sia indispensabile un governo che rappresenti tutti i componenti della società siriana, non si vedono finora azioni concrete in questa direzione.
Si è voluto accontentare gli osservatori con una mezza giornata di “dialogo nazionale”, in cui si sarebbero dovute decidere le sorti del Paese, un convegno che ha redatto un documento finale che resta per ora inchiostro sulla carta. Tutti aspettavano il 1° marzo, data in cui si sarebbe dovuto formare un nuovo governo di transizione, obiettivo mancato che ha lasciato molti nella delusione, mentre i siriani aspettano una parola chiara dalle loro autorità, una parola che spieghi cosa hanno in mente. Purtroppo, i governanti continuano a trattare il popolo come un “gregge” e non come un vero partner. Questo silenzio, sopportato a malapena, è rotto solo dalle armi che minacciano di distruggere quel che resta della nostra speranza.
Qui la gente è stanca e noi non sapremmo più cosa dire o come infondere coraggio per affrontare quel che verrà…
Allora vi chiedo preghiera, ne abbiamo tanto bisogno, eleviamole al buon Dio che sa fare anche i miracoli.
Cari saluti,
fra Bahjat Karakach,