Notizie dirette da Kyev


Ci scrive Leonardo Valori: “Riporto, purtroppo, cattive notizie da Don Moreno Cattelan che si trova a Kyev e che ALOE ha sostenuto con un progetto. Un drone ha colpito il suo quartiere. A quanto sembra però non dovrebbero esserci stati morti e feriti. Questo il suo messaggio inviatomi lunedì 24 marzo:

“La notte scorsa (lunedì 24 marzo) un drone ha colpito il nuovo centro commerciale “Epicenter” aperto lo scorso ottobre. Il centro si trova a poche centinaia di metri dal  nostro palazzo…  Quando la guerra arriva sull’ uscio di casa! Ringraziamo la Divina Provvidenza perché siamo ancora vivi.”

Il centro commerciale colpito dal drone, vicinissimo a dove vive don Moreno Cattelan.

Leonardo Valori: la mia esperienza di volontariato a Kyev

Il nostro amico e socio Aloe, Leonardo Valori, ci racconta la sua esperienza di coinvolgimento e di volontariato a Kyev, accanto al missionario veneto Don Moreno Cattelan, che speriamo di poter ospitare a Fermo in occasione di un suo prossimo rientro in Italia.

“Devo fare qualcosa!

Il 24 febbraio 2022 è ufficialmente iniziata l’invasione dell’Ucraina. Tutte le guerre risvegliano sensazioni profonde nei cuori delle persone ma questa, forse per il fatto che è la prima su larga scala alle porte dell’Europa dopo decenni di Pace, lo fa ancora di più.

Così, quel fatidico 24 febbraio, qualcosa in me è scattato. Mi sono sentito coinvolto, chiamato in causa, e promisi a me stesso di fare tutto ciò che potevo per aiutare le persone colpite da questa follia.

Dopo due anni di ricerche, grazie ad un amico, trovai il contatto di un signore veneto che sarebbe diventato il mio straordinario compagno di viaggio. Alessio, questo era il suo nome, era una persona dalla grande esperienza in campo umanitario, con decenni spesi ad aiutare i popoli dell’ex Jugoslavia martoriati dalla guerra e, per l’occasione, aveva organizzato una spedizione per portare medicinali e costruire delle altalene nel parco giochi della parrocchia di Don Moreno Cattelan, un prete cattolico dell’ordine degli Orionini che viveva a Kyiv già da molti anni prima della guerra. Una persona dall’animo generosissimo che spende la sua vita per aiutare gli altri.

Il primo intervento a Kyev: estate 2024

Così, la mattina del 15 luglio dell’estate 2024, io e Alessio partimmo da Venezia con la sua macchina carica di medicinali e tutto il materiale per la costruzione delle altalene. Dopo due giorni di un viaggio che porta il sapore dell’avventura e svariati incontri che difficilmente dimenticheremo, all’una di notte del 17 luglio arrivammo finalmente a Kyiv, dove il caro Don Moreno ci accolse col suo sorriso.

Le due settimane spese lì, sono state senza dubbio le due settimane più intense della mia vita per tutte le emozioni che hanno suscitato in me l’ambiente e le persone che ho incontrato.

La nostra routine quotidiana consisteva nel lavorare alle altalene, in un parco giochi che si trovava in un campo della parrocchia di Don Moreno, proprio sotto alla palazzina dove alloggiavamo. Attorno a noi c’erano i bambini che giocavano, quasi ignari della situazione tremenda che stava vivendo il loro paese, e le loro madri, donne che portavano avanti la propria famiglia cercando di far crescere i loro figli nel migliore dei modi, aspettando in cuor loro che i mariti tornassero sani e salvi dal fronte di guerra. Vedere quell’innocenza in mezzo a quel dolore ci toccava profondamente e ci stimolava a portare avanti il nostro lavoro anche per il suo significato simbolico. L’altalena, il gioco per bambini per antonomasia, come simbolo di speranza per un paese in guerra.

Mi piace però sottolineare il fatto che queste giornate scorrevano per lo più all’insegna dell’allegria. C’era la guerra, ma questo comunque non bastava a togliere la speranza e il sorriso alla gente. Con molti di loro non ero in grado di comunicare direttamente perché l’inglese non è molto diffuso ma, nonostante ciò, riuscivamo a capirci semplicemente con gli sguardi. E poi, quando ogni tanto capitava la persona che lo parlava, per me era bellissimo da un lato ascoltarli per avere una loro testimonianza diretta e dall’altro semplicemente condividere del tempo insieme. 

I mercoledì c’erano poi le distribuzioni di beni di prima necessità (cibo, vestiti, medicinali, etc…) ai poveri e agli sfollati di guerra dell’est dell’Ucraina. Anche queste erano delle piccole avventure. Partivamo verso le 13 con il furgoncino di Don Moreno, destreggiandoci in mezzo al traffico caotico di Kyiv per raggiungere una chiesa greco-cattolica dove caricavamo la minestra e delle vaschette che di solito contenevano pollo e verdure. Fatto questo si ripartiva verso la periferia. Qui, sotto un ponte allestivamo la nostra “sagra della solidarietà” montando tavoli e panche e poi iniziavamo la distribuzione. E così, sotto a un ponte della periferia di Kyiv, iniziava ogni volta una festa, dove a regnare, incredibilmente, erano i sorrisi e l’allegria. Queste erano infatti situazioni di grande socialità dove, anche se non conoscevamo reciprocamente la lingua dell’altro, riuscivamo a capirci grazie alla voglia di comunicare. Alcuni dei poveri, ci aiutavano nell’allestimento dei tavoli e nella distribuzione e ci ritrovavamo, non so bene come, sempre a ridere. Sembrerà strano dirlo ma nonostante la gravità della situazione l’atmosfera era più quella di un mercato con rumori, schiamazzi, risate. Insomma, tante energie che si fondevano insieme per creare un’esperienza speciale.

Naturalmente l’esperienza non si è limitata al lavoro. Ci sono stati tanti incontri, ognuno dei quali è stato un piccolo dono, dove le persone, alcune delle quali sono oggi mie amiche, ci hanno trasmesso la forza di un popolo che nonostante una situazione così difficile riesce ad andare avanti in modo straordinario.

Ricordo con grande piacere una mattina in cui Don Moreno mi chiese di accompagnarlo in una chiesetta a Kyiv, perché c’era una messa speciale per il compleanno del vescovo. Era una piccola chiesetta a forma circolare, situata in mezzo ad un parco. Avete presente quei posti che all’apparenza non hanno nulla di straordinario ma che emanano un qualcosa di molto speciale? Beh, questa chiesetta era uno di questi. Alla fine della funzione religiosa ci siamo ritrovati tutti all’esterno, per condividere cibo e bevande in onore del vescovo. Qui ho avuto l’occasione di conoscere Andrò e Olga, che sono poi diventati due miei cari amici.

Dopo il buffet, insieme a Don Moreno, Andrò e altri due signori ci siamo avventurati in una passeggiata a Kyiv, visitando monumenti molto significativi come quello in ricordo dell’Holodomor, una tremenda carestia che colpì l’Ucraina negli anni 30 causando qualcosa come 2 milioni di morti, e il monumento della Madre Patria, un’imponendo statua che rappresenta una figura femminile che impugna nella mano destra una spada e nella sinistra una scudo che originariamente aveva inciso il simbolo dell’unione sovietica e oggi, per ovvi motivi, quello della nazione ucraina.

Questa pittoresca passeggiata è stata anche l’occasione per visitare due splendide chiese ortodosse. Una cosa che mi colpì molto in questa circostanza furono i gruppi di persone che pregavano fuori dalla chiesa, scortati dalla polizia. Erano per lo più anziani fedeli al patriarcato di Mosca che, nonostante la guerra, non volevano lasciare ciò che era stato il pilastro spirituale delle loro vite.

Un giorno veramente speciale e toccante fu quando io, Don Moreno e Alessio andammo a visitare Bucha e Irpine, due cittadine alle porte di Kyiv devastate dall’esercito russo all’inizio della guerra. In queste città, a marzo 2022 non è stato lasciato nulla in piedi, tutte le case sono state rase al suolo utilizzando il fuoco dei carri armati e delle bombe iperbariche. Le donne furono violentate e la gente, in generale, uccisa a sangue freddo.

Non potrò mai dimenticare la sensazione di quando entrai con la mia macchina fotografica in ciò che rimaneva di una di quelle case. Un male, una rabbia, una forza distruttiva enormi, un qualcosa che, fidatevi, è impossibile da immaginare vivendo nella nostra “tranquilla” Italia. Oltre questo però ci fu qualcosa in quella casa che mi porterò sempre nel cuore. Il tetto era completamente crollato e tutto era bruciato ma andando in giro per le stanze scattando foto con la mia macchinetta, mi imbattei in una chitarra di un bambino che in mezzo a quella distruzione era rimasta straordinariamente intatta. Percepii che era un messaggio che diceva che in questo mondo c’è un qualcosa di puro che neanche la guerra può distruggere.

Il giorno seguente per me arrivò il momento di ripartire. Stavolta tornai in autobus perché, rispetto al mio compagno, avevo meno ferie e il dovere del lavoro mi chiamava. Anche quella fu un’esperienza, resa ancora più “indimenticabile” dai poliziotti della dogana ungherese che, per non ben precisati motivi, decisero di chiudere la frontiera per un giorno intero, facendo durare il nostro viaggio tre giorni, anziché due.

Una raccolta fondi con ALOE e un secondo viaggio nel Dicembre 2024

Tornato in Italia, capii subito che avevo vissuto un’esperienza che sarebbe stata l’inizio di una storia che mi avrebbe legato all’Ucraina per molto tempo e chissà, forse anche per sempre. In quei mesi infatti mantenni i contatti con il caro Don Moreno e con gli amici ucraini che avevo conosciuto in estate e diventò subito chiaro che presto il destino mi avrebbe voluto di nuovo lì, in quella nazione con la bandiera gialla e blu che ormai considero la mia terra.

Organizzai così un nuovo viaggio, programmando di passare lì il periodo più speciale dell’anno, Natale e Capodanno.

Questa volta, insieme all’associazione ALOE, organizzai anche una raccolta fondi che, in qualche settimana, ci consenti di raccogliere una somma pari a 1.400,00 euro fra donazioni economiche e alimentari. Il tutto è stato poi inviato a Don Moreno, per supportare le sue distribuzioni di beni di prima necessità nella periferia di Kyiv.

Comunque, il sentimento che mi spinse ad organizzare questo secondo viaggio fu certamente quello di dare una mano in modo pratico ma anche, e forse soprattutto, quello di rivedere i miei amici e Don Moreno, e far sentire loro la mia vicinanza in un momento così difficile.

Dovete sapere che gli ucraini vivono questo periodo in un modo molto viscerale, certamente molto più di noi italiani. Ma la cosa che rende questo periodo speciale in questa terra magica è certamente il canto. A Natale tutti cantano! Bambini, adulti…l’aria è veramente impregnata di una magia che mi mancava da tanto, forse troppo tempo.

E come dimenticare la sera della Vigilia? Nonostante quella notte imperversavano i bombardamenti, vivemmo una serata veramente magica all’insegna della fratellanza e della spiritualità.

A partire da Natale, iniziammo i preparativi per un pranzo per i poveri che si sarebbe tenuto qualche giorno dopo. Quel giorno, un gruppo di giovani ucraini arrivò da Leopoli e tutti insieme partimmo con tutte l’occorrente per andare in uno stabile alle porte di Kyiv. Cucinammo insieme tutta la mattina e per il pranzo eravamo pronti a servire i nostri ospiti, che a giudicare dalle loro facce, apprezzarono molto quello che avevamo preparato per loro.

Quella sera stessa poi, Polina e Demetrò, due miei carissimi amici ucraini che sono marito e moglie, mi invitarono a casa loro e ricordo con immenso piacere la nostra cena a base di borsch, salo, vodka e tante tante risate.

Il giorno dopo, tornato a casa, conobbi Simone, un ragazzo veneto che era arrivato a casa di don Moreno quel giorno e che sarebbe diventato un grande amico.

Passai con lui i due giorni seguenti in giro per il centro di Kyiv, a visitare bellissime chiese e a respirare quell’atmosfera impregnata della loro storia così particolare.

Arrivò poi il giorno di Capodanno e io e Simone approfittammo dei nostri giri turistici per fare una grande spesa e tornare a casa carichi di roba per il cenone. Così, grazie alle doti culinarie del Don, preparammo tante prelibatezze e passammo tutti e tre una serata speciale che non mancò di momenti di profonda riflessione e spiritualità.

La mattina del giorno seguente, il primo dell’anno, mi si presentò l’occasione di fare di nuovo una visita alla mia tanto cara chiesetta a base circolare in cui ero stato nel mio primo viaggio in estate. Quel giorno i bombardamenti imperversavano e ricordo benissimo i boati dei missili mentre camminavo verso la fermata della metropolitana. Fu una messa piena di significato, la prima messa dell’anno che stava a simboleggiare un nuovo inizio per questa terra così speciale. Dopo la funzione religiosa, la mia amica Olga mi presentò Vasili, un signore sulla sessantina che aveva vissuto tantissime avventure (e purtroppo tantissime guerre) in giro per il mondo. Vasili avevo il figlio arruolato che era rimasto ferito al fronte. Dopo un’esplosione avevo riportata la lesione di una vertebra che lo aveva reso parzialmente disabile. Una delle tante storie tragiche di questa e di ogni guerra.

Un paio di giorni dopo, arrivò di nuovo il momento di ripartire, con un viaggio in autobus che questa volta si rivelò stranamente tranquillo.

Non ho riportato ogni evento accaduto in questi miei due viaggi in Ucraina ma spero di essere riuscito a trasmettere, con questo breve articolo, i sentimenti e le sensazioni che ho vissuto in questa terra straordinaria. Spero e sento, con tutto il cuore, che questa avventura continuerà.

L’interesse continua

E’ giusto pure riportare belle notizie, perché ci sono pure quelle. Nei giorni scorsi è arrivato un grande carico di alimenti che è stato spedito nel Donbass e con cui sono stati preparati degli squisiti Varenecki, una pietanza tipica ucraina molto simile ai nostri ravioli

varenyky sono un piatto tradizionale della cucina ucraina e della cucina russa fatti di pasta ripiena di forma triangolare o a mezza luna, con ripieni a base di patate, carne, cavolo, funghi, formaggio fresco molle o bacche (ciliegie, mirtilli ecc.). Questo piatto è considerato uno dei piatti più tradizionali della Russia e dell’Ucraina. Il piatto pronto è servito con panna acida o olio con cipolle fritte. L’impasto per i ravioli varenyky è a base di farina di frumento, può essere azzimo, lievitato, con kefir. Viene steso in uno strato sottile, da cui vengono tagliati pezzi rotondi, obliqui o quadrati, e in essi viene avvolto il ripieno, che è spesso di carne bollita tritata con cipolle fritte, cavolo stufato, patate bollite, ricotta; si può anche fare con frutti di bosco freschi: ciliegie, mirtilli, fragole. Successivamente, i bordi dell’impasto vengono pizzicati, messi in acqua bollente (o al vapore) e fatti bollire fino a quando non vengono a galla (più un altro minuto o due, a seconda delle loro dimensioni). I ravioli con carne o patate possono anche essere fritti in olio dopo la cottura. Vengono serviti caldi con panna acida e/o burro. I ravioli dolci (ciliegie, ricotta) sono spesso cosparsi di zucchero o versati con miele.

Leonardo Valori