Monsignor Enrique Angelelli, vescovo martire per aver preso sul serio il vangelo!


Il Beato Enrique Angelelli, vescovo argentino assassinato il 4 agosto del 1976 dagli squadroni della morte argentini attivi durante la dittatura militare di Videla, nasce il 17 luglio 1923 a Cordoba, in Argentina, da una coppia di immigrati marchigiani, Giovanni Angelelli originario di Montegiorgio e Celina Carletti originaria di Cingoli. I suoi parenti italiani vivono ancora a Montegiorgio dove è stato ricordato con una tre giorni a lui dedicata dall’11 al 13 Ottobre 2024.

Mons. Enrique Angelelli fu un vescovo attivo nel Concilio Vaticano II, uno degli estensori e primi firmatari del “Patto delle catacombe”, insieme a Mons. Helder Camara (Brasile) e a Mons. Leonidas Proaño (Ecuador) , voci profetiche dell’America Latina. È stato in Argentina uno dei promotori della Teologia del Popolo che privilegia un approccio storico-culturale della realtà mettendo al centro della propria riflessione i poveri, ma evitando le secche dell’interpretazione socio-economica marxista propria di alcune frange della Teologia della Liberazione. Papa Francesco si richiamerà esattamente a questa “Teologia del popolo”. A partire da questa teologia, Mons. Angelelli sviluppa una proposta per una lotta popolare nonviolenta che eviti le devastazioni della risposta rivoluzionaria violenta.

Ispirato al “Manifesto dei vescovi del Terzo Mondo” pubblicato in Brasile nel 1967 da Dom Helder Camara, nasce nello stesso anno in Argentina, con il contributo sostanzioso di Mons. Angelelli, il “Manifesto del sacerdoti del Terzo Mondo” che verrà firmato dal 10% dei preti argentini. Un forte richiamo alla Chiesa perché sia povera e schierata accanto agli ultimi “nei loro giusti processi di liberazione ed emancipazione”. Angelelli diventa sempre più un riferimento per le lotte del movimento operaio, in una chiesa argentina molto tradizionalista e allineata con il potere.

Nel 1968 si tiene la Conferenza episcopale di Medellin, un vero punto di ripartenza per la Chiesa latinoamericana, che mette al centro della propria azione evangelica i poveri e le loro lotte di liberazione. Questa è la linea pienamente assunta e seguita da Mons. Angelelli, il quale nello stesso anno viene nominato vescovo di La Rioja in una delle zone più disagiate ed arretrate del paese, all’estremo nord, ai piedi delle Ande e al confine con il Cile, zona estremamente povera. Assume come proprio motto vescovile “Giustizia e Pace”. Richiamandosi al Concilio chiuso tre anni prima, organizza la diocesi secondo uno stile di chiesa basato sulla partecipazione e responsabilità di tutti, sulla linea di quanto oggi papa Francesco cerca di promuovere, a livello mondiale, come “cammino sinodale”,

Nella sua attività pastorale promuove la nascita di associazioni e cooperative di contadini per la difesa dei loro diritti, la valorizzazione del proprio lavoro e dei propri prodotti, suscitando la feroce opposizione dei proprietari terrieri, che cominciano ad accusarlo di essere un comunista. Nel 1971 Arturo Paoli e i Piccoli Fratelli si stabiliscono a La Rioja accolti a braccia aperte da Angelelli. Arturo Paoli diventerà uno stretto collaboratore del vescovo Angelelli il quale ripeteva spesso: “Dobbiamo stare con un orecchio aperto ai poveri e con l’altro al Vangelo”.

Il suo impegno accanto ai contadini lo porta ben presto allo scontro con l’oligarchia economica e con le forze militari, dai quali viene definito “il vescovo rosso”. Ma anche all’interno della Chiesa Angelelli trova molta opposizione da parte di un mondo cristiano che appoggia il potere; si scontra con l’ostilità della maggior parte dei vescovi argentini. La situazione politica e sociale appare sempre più polarizzata tra il popolo che lotta per una vota dignitosa, per i suoi diritti, per la giustizia, e una minoranza che vuole conservare i propri privilegi e che per questo è disposta a qualsiasi violenza.  Cresce la violenza dei militari contro i “sovversivi” e tutti coloro che cercano una maggiore giustizia; la tortura diviene una pratica sempre più diffusa nei centri di detenzione.

Angelelli, schierato dalla parte dei poveri, si trova sempre più in una situazione di scontro con i latifondisti e i proprietari terrieri; viene sempre più attaccato anche pubblicamente con l’accusa di essere un comunista e di fare politica. Viene accusato di predicare la rivoluzione e di proteggere la guerriglia, di creare cooperative controllate dai comunisti e di attorniarsi di preti che invocano Che Guevara. Anche i gruppi cattolici ultra conservatori si scagliano contro di lui.  Angelelli ha però il sostegno dell’allora superiore dei gesuiti, Mons. Jorge Mario Bergoglio che lo andrà a visitare nel 1973 a La Rioja per incoraggiarlo e sostenerlo.

In questi anni, le organizzazione neofasciste, sorte sull’esempio degli squadroni della morte, commettono, con la complicità del potere, continui assassini anche di sacerdoti. Nel 1974 viene diffusa una lista di persone sovversive da eliminare, il primo della lista è mons. Angelelli e il secondo è Arturo Paoli.

Il 24 marzo del 1976, con un colpo di stato, i militari che stavano già spadroneggiando dal 1974 sotto il governo di Isabelita Peron, assumono direttamente il potere con il generale Jorge Rafael Videla. Mons. Angelelli, che già prima del golpe  era stato molto critico nei confronti dell’eccessiva presenza dei militari nella vita del paese, alza ancora più forte la sua voce per denunciare la brutalità e la violenza della repressione militare. In tutto il periodo della dittatura militare la Chiesa, seppure per la maggior parte preferisce tacere e appoggiare la giunta militare, darà un grande contributo di sangue con tanti martiri anche tra sacerdoti. E’ il famoso periodo dei “desaparecidos”.

Il 4 agosto del 1976, di ritorno da una messa celebrata in una cittadina in ricordo di due sacerdoti assassinati qualche giorno prima, Mons. Angelelli muore violentemente in uno strano “incidente stradale”, che viene assunto come interpretazione ufficiale, per mettere a tacere le voci che lo volevano invece vittima di un assassinio.

In seguito alla guerra delle Maldive persa contro l’Inghilterra, nel 1983 in Argentina ci sarà un cambio di regime. Il nuovo governo vuole fare luce sugli orrori del periodo dei cosiddetti “desaparecidos”. Una commissione studia tutto il periodo e pubblica un  rapporto a riguardo, il “Nunca mas” (Mai più), nel quale per la prima volta si parla della morte del vescovo Angelelli non più come incidente stradale, ma come vittima di attentato. Riaperto il caso grazie a questo rapporto, solo nel 1986 ci sarà una sentenza che definirà la morte di Angelelli come “un omicidio freddamente pianificato”; ma i militari ritenuti responsabili non verranno toccati potendo beneficiare di un indulto. Venti anni dopo, nel 2006 si riaprirà il processo e questa volta la Chiesa si presenta come parte querelante. La nuova sentenza sarà emessa solo nel 2014, quando verranno condannati all’ergastolo i mandanti dell’omicidio del vescovo Angelelli.

Nel frattempo il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, che era stato a suo tempo un ammiratore di Mons. Angelelli perché ne condivideva la stessa visione di chiesa, di teologia e di impegno nei confronti dei poveri,  è stato eletto papa nel 2013 e si apre la strada anche per un riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa di questo “assassinio” come “martirio”. Il 23 maggio 2015 viene beatificato Mons. Oscar Romero, il vescovo salvadoregno vittima anch’egli degli squadroni della morte a causa della sua scelta dei poveri. In questo stesso anno si aprirà anche la causa di beatificazione per Mons. Angelelli che l’8 giugno 2018 papa Fracesco riconoscerà come “martire” insieme ad altre tre persone della sua diocesi di La Rioja: il laico Wenceslao Pedernera, il francescano fra Carlos de Dios Murias e il prete diocesano Gabriel José Longueville anche essi assassinati dal potere per le stesse motivazioni evangeliche della scelta di stare da parte dei poveri. Infine la loro cerimonia ufficiale di beatificazione avverrà il 27 aprile 2019.

Come scrive il suo biografo Anselmo Palini “Enrique Angelelli non è stato un eroe o un superuomo, bensì una persona che ha preso sul serio l’insegnamento di Cristo e ne ha difeso il volto deturpato dalla violenza dei militari e dalla miseria in cui erano costrette a vivere molte persone della sua terra. Ci troviamo di fronte a un vescovo che, come ha osservato papa Francesco, ha guardato soltanto al Vangelo” (p. 183).

O come è stato definito da un suo confratello vescovo argentino: Enrique Angelelli è stato “un martire del Concilio, obbediente a Dio e servitore disinteressato del suo popolo. In lui si perseguitò la Chiesa conciliare che aveva rinnovato la sua fedeltà al Vangelo e, di conseguenza, la scelta referenziale per i poveri e gli oppressi” (A. PALINI, Enrique Angelelli. Soltanto il Vangelo con il commento della loro vita, ed. AVE, p. 179)