Qualche giorno fa, sabato 29 luglio 2023 abbiamo ricordato i dieci anni della scomparsa di Padre Paolo Dall’Oglio, fondatore della Comunità monastica di Deir Mar Musa in Siria, anche con la presentazione di un libro appena pubblicato contenente suoi scritti inediti, intitolato “Il mio testamento”. Dieci anni di assoluto silenzio che non ci permettono di dire né che sia morto, né che sia vivo, anche se la speranza contro ogni speranza è quella di poterlo di nuovo riabbracciare. Appena tre mesi prima di scomparire in Siria, padre Paolo era stato nostro ospite qui a Fermo e ci aveva presentato il suo ultimo libro di allora, La collera e la Luce, due termini che lo identificavano nel suo immenso amore per la Siria, terra martoriata ma di grandissima spiritualità. La comunità monastica di Deir Mar Musa era stata fondata nel 1984, infatti, con la finalità di far rifiorire l’esperienza monastica di questo antichissimo luogo di spiritualità della Siria e il dialogo fra le due grandi religioni monoteiste che in Siria sono convissute per tanti secoli, Islam e cristianesimo. Il monastero di Mar Musa è stato sin dalla sua fondazione, e continua ad essere anche ora, uno dei fari più luminosi del dialogo cristiano-islamico pur nelle terribili circostanze di una guerra ormai più che decennale.
Dal tempo della sua fondazione fino all’inizio della guerra siriana nel 2011, la comunità monastica di Mar Musa ha non solo ricostruito tutte la parti del secolare monastero, ma ha fatto anche letteralmente rifiorire il territorio desertico attorno al Monastero, facendone un grande luogo di incontro, di accoglienza e di dialogo, anche con la partecipazione attiva delle locali comunità cristiane e popolazioni musulmane. Ogni anno migliaia di giovani e meno giovani, anche europei, erano abituati ad approdare nel monastero e a condividere la sua profonda spiritualità dialogica.
Anche la nostra associazione missionaria Aloe, era venuta a conoscenza di questa bellissima realtà grazie all’esperienza diretta di alcuni suoi membri che avevano avuto la fortuna di poter condividere per qualche tempo la vita del Monastero. Siamo riusciti a mantenere negli anni un bel rapporto con la comunità appoggiando alcuni piccoli progetti che di cui i monaci si facevano promotori sia per il loro centro di vita e di accoglienza (progetto agricolo “il giardino dell’armonia”), sia per le comunità locali (scaffalature per la biblioteca di Nebek, attrezzature sanitarie per il locale ospedale).
Con l’inizio della guerra in Siria, tutto questo ha dovuto subire una grande battuta di arresto. In questi anni la comunità monastica di Mar Musa, pur orfana del suo fondatore padre Paolo dall’Oglio, sta pian piano ritornando ad essere un centro con tante attività e proposte. Da qui anche l’origine del progetto agricolo che stiamo sostenendo nella valle del monastero e che abbiamo voluto chiamare: “Facciamo rifiorire il deserto”,
Al di là della produzione dei preziosi prodotti della terra che coprono in parte i bisogni del monastero e dei suoi ospiti, l’obiettivo generale di questo progetto ha un taglio ambientale, quello di rendere più fertile la valle sotto il Monastero, e anche la zona sopra il monastero accanto all’Eremo sulla collina, dove erano stati piantati tantissimi alberi di mandorle selvatiche (quindi amare per uso medico e olio), e quelli dolci da mangiare. A causa della guerra la zona sopra il monastero non era sicura e quindi dopo 11 anni di abbandono le piante sono morte e gli alberi seccati o tagliati per riscaldamento da chi passava nelle montagne. Si vorrebbe ritrasformare quell’area e altre aree più vaste, in zone amene fertili. Un piccolo contributo anche per contrastare la desertificazione ed abbandono della valle e delle colline.
Gli obiettivi specifici dello stesso sono in primis la lotta contro la desertificazione del territorio circostante il Monastero di Mar Musa; e poi l’autosufficienza della comunità monastica (monaci ed ospiti) per la produzione dell’olio, di frutta per produzione della marmellata, e prodotti orticoli ed infine l’offerta di possibilità di lavoro per gente delle comunità locali.
Da questo progetto ci aspettiamo i seguenti risultati: a) il ripristino e allargamento delle aree fertili nella valle del Monastero, deteriorate soprattutto nel corso del decennio dominato dalla situazione di guerra; b) la creazione di adeguati terrazzamenti e riparazione dei danni causati dalle frane; c) un contributo al rimboschimento dell’area con piante utili al rafforzamento del terreno e alla vita della comunità locale.
Beneficiari diretti di questo progetto sono innanzitutto tutte le persone che gravitano attorno a questo centro di spiritualità e di dialogo, monaci, ospiti e lavoratori di diversi settori, rendendo possibile ancora più attività attorno al monastero stesso. Ma indirettamente le comunità locali, prevalentemente di fede musulmana, per il ripristino di un territorio, sottratto alla desertificazione e rivitalizzato con la sua flora e agricoltura tipica.
La sostenibilità del progetto “Facciamo rifiorire il deserto” sarà assicurata dalla presenza costante dei monaci e dalla comunità degli ospiti che continueranno a tornare e a crescere man mano che la situazione politica si stabilizza. Ma sarà assicurata anche dal rinnovato interesse delle comunità locali che hanno sempre trovato nel monastero come un piccolo motore per la vita locale e per le sue attività.
Dopo aver quantificato l’importo finanziario necessario per un anno di lavoro intorno ai 20.000,00 euro, abbiamo presentato il progetto all’Ufficio Caritas Italiana per i MicroProgetti, che lo ha accolto e finanziato con un primo contributo di 5.000,00 euro. A partire dall’inizio di Aprile, dopo aver ricevuto questo primo contributo della Caritas, sono stati dati inizio ai lavori su un terreno particolarmente impervio da recuperare con un grosso lavoro sia di sterramento e spianamento prima, che di riporto di terreno fertile poi. Riportiamo qui di seguito una breve documentazione fotografica del lavoro sino ad ora svolto, che si è sino ad ora limitato alla preparazione del terreno di circa 3.000 mtq, dove dovranno essere impiantati un piccolo uliveto ed una vigna, che quando potranno entrare veramente in funzione saranno un po’ il simbolo della rinascita e del deserto che rifiorisce, anche per la loro profonda valenza simbolica di carattere biblico.
La speranza però è quella di ricevere altri aiuti dallo stesso ufficio della Caritas italiana e dal contributo di privati ed istituzioni del nostro territorio che vorranno aiutarci in questa azione di “piantare alberi nel deserto” per farlo rifiorire e renderlo più umano, davvero simbolo di una lotta per un mondo migliore